03. III Domenica di Avvento Anno C

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».

Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».

Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».

Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.  (Lc 3,10-18)




INTRODUZIONE

Commento con schematizzazione simbolica

La volta scorsa abbiamo iniziato a conoscere Giovanni, ed abbiamo contemplato l’amore di Dio per noi, che arriva a noi attraverso quest’uomo, il piccolo, dicevamo, scelto da Dio come suo strumento.

Oggi continuiamo ad approfondire la figura di Giovanni e il suo messaggio.

Il testo che abbiamo letto possiamo dividerlo in 2 parti, in particolare.

C’è una prima parte dove si vede questa ricerca chiara da parte della gente su cosa deve fare, dove sono in particolare protagonisti tre categorie di persone: la folla, i pubblicani e i soldati.

C’è una seconda parte dove invece si propone una domanda che gira in mezzo alla gente, sulla figura del Battista, e alla quale Giovanni dà una risposta chiarendo la sua identità diversa da quella del Messia.

 

Guardiamo a queste due parti nel dettaglio.

 


PARTE I:
“Che cosa dobbiamo fare?”

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». 
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». 
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».

1. Dalla misericordia alla vita nuova

Avevamo detto che Giovanni andava per tutta la Regione del Giordano predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.

Dio chiama a conversione, cioè a tornare a Lui per ricevere la grazia, la misericordia, il perdono. Abbiamo detto l’altra volta che il primo passo da fare, a cui Giovanni invita, è questo riprendere nelle mani il nostro peccato e consegnarlo alla misericordia di Dio. Ripassare nella valle del Giordano, luogo del peccato, per ricevere il perdono… Sperimentare l’amore di Dio.

Ma non basta questo. Una volta che si vive questo, che Dio si è lasciato toccare, che si è sperimentato questo amore di Dio, è la vita che deve ricominciare, in gesti concreti, in modo diverso da prima. E’ un rinascere di nuovo.

E Giovanni lo dice chiaramente a chi viene da Lui. Non basta venire a farsi battezzare, bisogna cambiare vita! Tra la grande poesia della scorsa domenica e il testo concreto e pacato di oggi c’è un altro pezzettino, altri 3 versetti che la liturgia omette ma che nella Parola ci sono:

7Alle folle che andavano a farsi battezzare da lui, Giovanni diceva: “Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? 8Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. 9Anzi, già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco”.

 



 

2. Fare frutti degni della conversione

Parole che ci sembrano molto dure… ma che Giovanni diceva per mettere in guardia chi si avvicinava a fare quel gesto solo esteriormente, senza andare a toccare la vita. Giovanni invita: Fate frutti degni della vostra conversione.  Non basta cioè solo dire, ma anche vivere. “Non chi dice Signore Signore entrerà nel Regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio”… Questa frase che conosciamo molto bene in Luca suona così: 46Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico? (Lc 6,46), e precedentemente scrive: 43Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. 44Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo .

Ritorna il discorso dei frutti. Questo testo si trova in Luca dopo le Beatitutini (e i 4 guai) e dopo diversi detti sulla vita pratica della carità.

I contesti quindi sono molto simili.

Giovanni dice ciò che Gesù poi riprenderà in modo chiaro e incisivo.

Quali sono i frutti da cui si vede la conversione? In una parola sintesi, la CARITA’, l’amore in tutte le sue forme e concretezza.

FATE DUNQUE FRUTTI DEGNI DELLA CONVERSIONE. L’accento di Giovanni è sul FARE.

E’ per questo che la domanda, che per tre volte è ripetuta, è sul “fare”: cosa dobbiamo fare?

 

3. Tre protagonisti, tre regole.

Luca cita tre categorie di persone che si rivolgono a Giovanni, ma comprendiamo che molto probabilmente è una esemplificazione. Molto probabilmente altre persone si saranno avvicinate a Giovanni chiedendo cosa dobbiamo fare. L’esemplificazione ci aiuta a comprendere un aspetto molto importante: la conversione va concretizzata nel contesto della vita personale, del proprio ambiente, della propria professione.

(Mettere i teli) Abbiamo la folla, i pubblicani, i soldati. Ma potremmo metterne altri (chiedere le loro professioni e aggiungere altri teli).

Giovanni ha una risposta diversa per ognuno, a partire dalla propria vita concreta… ma c’è qualcosa di comune. (porre un altro telo davanti) Ogni regola ha un oggetto comune, e sono le relazioni interpersonali, il rapporto con l’altro: un ritorno alle nostre relazioni interpersonali come strada per il venire di Dio nel mondo.  Infatti il modo con cui ci rivolgiamo agli uomini raggiunge Dio.

Ogni nostro gesto umano apre finestre sull’infinito.

Dio non ci chiede mai più preghiere, più sacrifici… anzi, nell’AT già aveva detto: Misericordia io voglio, e non sacrifici. Non digiuni, non martirizzarsi il corpo… ma la concretezza dell’amore all’altro.

 



a. La folla

Abbiamo una prima categoria, allora, la folla.

Qui ci si ritrova tutti, perché comunque tutti siamo nella folla.

Ed ecco la prima regola:

chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto.

Una regola d’oro, che da sola basterebbe a cambiare la faccia della terra: condivisione.

Un piccolissimo verbo: «dare qualcosa», in cui si riassume il gesto sul quale saremo giudicati (cfr Matteo 25).

La nuova legge di un altro mercato, che si può semplificare così: ciò che io ho, e tu non hai, lo condivido con te.

Invece dell’accumulo, il dono;

invece dello spreco la sobrietà.

Perché tu vali quanto me, anzi di più.

C’è tanto pane nel mondo che, a condividerlo, basterebbe per tutti.

A non sprecarlo, sazierebbe la fame di tutti.

La prima regola per il nostro abitare la terra: prenderci cura gli uni degli altri.

 

b. I pubblicani

La seconda categoria sono i pubblicani. Sappiamo che erano gli esattori delle tasse, chiamati pubblicani proprio perché peccatori pubblici, sia perché, asservendosi al potere nemico, erano contro la vera religiosità, sia perché nel loro lavoro chiedevano di più di quanto dovevano per intascarlo.

In questa categoria possiamo metterci tutti coloro che devono gestire il denaro, e possono scegliere di farlo nella giustizia o nell’ingiustizia, nell’onestà o nella disonestà.

Ecco quindi la seconda regola:

Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato.

Così semplice da sembrare scontata: il ritorno dell’onestà, l’insurrezione degli onesti, come salvezza della storia comune.

Non esigete nulla di più: perché la cupidigia di denaro è l’idolo assoluto, l’insaziabilità è la radice di ogni corruzione: deridere le leggi, sfruttare le persone, vendersi per denaro.

Giovanni conosce la strada buona: prendersi cura dell’onestà, semplicemente; ricominciare dalla legalità, con tenacia, ma a partire da me e dai miei comportamenti più minuti: onesto perfino nelle piccole cose.

 



c. I soldati

 

La terza categoria sono i soldati. Persone che avevano nelle loro mani il potere, la forza. Per il loro ruolo, potevano primeggiare, prevalere sugli altri, usando e abusando del loro potere…

In questa categoria possiamo far rientrare tutti quelli che hanno un potere tra le mani, ha ruoli di autorità e di forza, in tutti i campi, che possono usare in modo giusto o ingiusto…

 

Ecco quindi la terza regola:

non maltrattate e non estorcete niente a nessuno.

Non approfittate del ruolo per umiliare;

non abusate della vostra forza per far piangere.

 

 

 

In tutte queste regole, sempre lo stesso principio: prima le persone, prima il rispetto: che è guardare negli occhi l’altro, alzarsi in piedi davanti a lui, sempre, come davanti a un principe.

La bestemmia è mettere le cose prima delle persone.

 

E con questa base potremmo immaginare cosa Giovanni avrebbe risposto a… (far riferimento ai teli…)

 

RISPECCHIAMENTO

Vi invito ora a fare un momento di silenzio e di interiorizzazione, proprio a partire da questa scena. Cosa Giovanni direbbe a te, nel rapporto con l’altro? Quale indicazione precisa ti darebbe? Tu, “cosa devi fare?”.

 

 

 

 

 


PARTE II:
L’identità di Giovanni
e di Gesù

Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.  (Lc 3,10-18)

1. Un popolo in attesa

Si parla di un popolo in attesa: perché?

Sappiamo che il popolo giudaico si trovava sotto la dominazione romana e per questo si pensava al compimento delle profezie messianiche. Cioè sarebbe arrivato un salvatore, che il realtà era un liberatore, un goel, cioè uno che avrebbe pagato il riscatto per liberare dalla schiavitù.

In questo contesto è ovvio che la presenza di Giovanni e i suoi riferimenti a preparare le strade per qualcosa di nuovo che sarebbe avvenuto ha fatto pensare che lui stesso fosse questo liberatore, il messia.

Giovanni subito vuole mettere in chiaro le cose.

Giovanni, abbiamo detto, si definisce la voce, non la Parola. La Parola è un altro.

Così Giovanni qui si proclama molto più in basso di Gesù. Egli è più forte.

A lui non sono degno di slegare i lacci dei sandali… sono meno di uno schiavo.

Differenza tra l’acqua e lo Spirito Santo. Ma non si fa riferimento qui al battesimo cristiano.

Lo Spirito Santo e fuoco richiama profezie apocalittiche relative al giudizio finale, dove si prevedeva una forte effusione dello spirito e il giudizio che sarebbe stato attraverso il fuoco , per bruciare tutto ciò che non è buono.

Quindi le parole di Giovanni avevano un forte impatto sulle folle e l’impressione che la fine del mondo stesse per arrivare.



2. Evangelizzare

Ma Lc scrive il suo vangelo dopo che già Gesù è morto e risorto, già lo Spirito Santo è sceso, e quindi aggiunge un versetto che non si trova negli altri Sinottici: Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

Evangelizzare è dare la buona notizia.

Non poteva essere una buona notizia questo giudice con la pala in mano.

Ma la buona notizia è che questo uomo è già arrivato ed ha salvato l’umanità dai peccati. Ha già bruciato ogni peccato. Ed ha vinto e portato la salvezza. Questo Giovanni non lo poteva ancora sapere, ma chi ha scritto questo vangelo ha portato questa chiarezza.

 

Viene uno più forte di me e vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. È il più forte, Gesù, perché è l’unico che parla al cuore. E lo segui. È il più forte, perché è l’unico che «battezza nel fuoco», ha la forza del fuoco che trasforma le cose, che è la morte delle cose morte e la loro resurrezione, nella luce e nel calore.  Gesù ha acceso milioni e milioni di vite, le ha accese e rese felici. Questo fa di lui il più forte. E il più amato.

 

 


PREGHIERA CONCLUSIVA

Porre davanti il telo rosso di Gesù con una candela, Gesù che ha bruciato ogni peccato ed ha inviato lo Spirito (telo azzurro) perché questa salvezza arrivasse a tutti. Questo Spirito ci invita ad amare. E’ questo fuoco che ora ci può invadere e darci la forza per fare frutti di conversione che dicevamo prima.



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