L’agire ispirato dall’amore (Lc 6,39-45)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:  «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.  Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda». Lc 6,39-45


 

Introduzione

La Parola di oggi continua il discorso della pianura che abbiamo cominciato a leggere tre domeniche fa. La prima domenica, se ricordate, abbiamo schematizzato la scena del discorso, mettendo Gesú al centro con tutti i suoi discepoli davanti: poveri, affamati, afflitti… E abbiamo aggiunto anche, tra i discepoli, alcuni chiamati a cambiare atteggiamento perché “ricchi”, forse non materialmente ma troppo legati alle proprie sicurezze e chiusi alla condivisione fraterna.

La seconda domenica, lo stile del discorso assumeva un tono totalmente sapienziale, e abbiamo viaggiato dentro le parole di Gesù, attraverso le tre strofe del poema da lui pronunciato.

Oggi cambia stile. Non c’é più il tono sapienziale quanto il tono narrativo delle parabole, delle “storie” raccontate da Gesù che hanno l’obiettivo di rivelare qualcosa delle “storie” dei presenti. Il contenuto potremmo definirlo così: il modo di agire cristiano ispirato al comando dell’amore, e vorrei mettere qui, al centro, un telo rosso che indica questo comandamento che dovrebbe ispirare tutta la nostra vita cristiana: l’amore incondizionato, che non cerca la risposta dell’altro. A partire da questo centro, vediamo allora cosa ci dice Gesù.

 

 

(Le tre scene sono schematizzate intorno a questo centro)

1. Il cieco e la luce

Innanzitutto l’introduzione a questo testo. Si parla di due ciechi: può forse un cieco (telo scuro) condurre un altro cieco (altro telo scuro)? Non cadranno entrambi in una fossa? E rappresento la fossa um po’ più in là, con questo telo nero. Che, sappiamo, nel bibliodramma indica il male, il negativo…  Ma pongo, qui, accanto al telo nero, un telo giallo, per indicare la strada giusta, la strada da percorrere… E mi viene in mente la definizione di “peccato”, che significa “sbagliare centro”. Essere ciechi porta a sbagliare centro, a non prendere la direzione giusta, e quando manca la luce non si riesce a vedere, si rimane nella tenebra.

Ma chi è il cieco? Questo stesso testo, in Matteo, è rivolto a farisei, guide cieche che non vedono la luce che è Gesù e quindi fanno sbagliare strada ai discepoli. E per Luca? Luca non parla dei farisei, perché, abbiamo già detto, lui si rivolge a una comunità concreta fatta di cristiani che provenivano dal paganesimo, quindi nel suo vangelo “toglie” tutto ciò che è esplicitamente riferito al popolo giudaico. Chi è, allora, il  cieco? E’ colui che, nella comunità, si erge a maestro, che pensa di sapere la strada ma senza il riferimento fisso alla Luce, che è Gesù… il cieco è colui che pensa di condurre altri senza lasciarsi lui, per primo, condurre sulla  strada vera. Se perdiamo il riferimento, perdiamo la strada. E se siamo chiamati a guidare altri, cosa succede? Gesù parla chiaro: Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Se tu perdi la Luce, pensi di essere tu la Luce, ma in realtà sbagli centro, finisci nel fosso, tu e gli altri. Ma se invece sei ben preparato, ossia vivi e segui ciò che il Maestro ha insegnato, tu diventi come lui (porre un telo giallo che dal telo che rappresenta la luce arriva al cieco e lo avvolge…

RISPECCHIAMENTO:

Ecco allora un primo rispecchiamento per noi. Tu sei chiamato a guidare altri?  E non parliamo dei sacerdoti, ma anche un papà, una mamma di famiglia, è chiamata a guidare altri… Chi è questo cieco che tu stai guidando? E il tuo riferimento è la Luce, è Gesù, ti lasci illuminare da lui, o vai avanti per conto tuo pensando di sapere già tutto?



 

2. La pagliuzza e la trave

Il secondo protagonista della parabola di Gesù è un uomo che non è cieco (porre un telo chiaro) ma ha un grande problema: ha una trave davanti (porre un telo marrone scuro) che gli impedisce di vedere gli altri (porre un  altro telo davanti, rimanendo la trave come divisione). In questo caso questo potrebbe vedere, ma ha qualcosa che glielo impedisce…

Ma il problema più grande non è la trave, ma il fatto che lui non la vede! E quindi, non vedendola, non può toglierla…

E cosa fa la trave? Gli impedisce di vedere chiaro, di vedere l’altro così com’è, perché, anche lui, non riesce a ricevere quella luce che permette di vedere. Non solo di vedere fisicamente, ma di vedere con la luce di Dio. L’altro come fratello, come mistero, come perla preziosa, come creatura amata… Quando non si vede l’altro con la luce di Dio, ne cogliamo solo i difetti, per quanto piccoli e insignificanti siano…

RISPECCHIAMENTO:

Ancora una volta guardiamo a noi stessi… non ci chiediamo cos’è la trave, perché forse anche noi nemmeno la vediamo… ma cominciamo con il chiederci: chi è che sto guardando, oggi, in negativo? Chi è quella persona di cui sottolineo sempre e solo i difetti? Se per caso nella mia vita, oggi, sto facendo così… allora è il caso di chiedermi: qual è la trave che mi fa vedere così Qual è il suo nome? Ciascuno può dare la risposta, nel segreto del suo cuore.

 

3. Il cuore e la parola

Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda»

La terza parabola di Gesù mette al centro l’albero, che è pienamente trasparente: un albero non può dare un frutto diverso da quello che è. Il frutto mostra e identifica l’albero. Ma in realtà l’albero è solo una metafora per indicare, ancora una volta, l’uomo. Gesù distingue due tipi di persone: la persona buona e la persona cattiva (porre due teli dello stesso colore). Ma come fare a distinguerli? Non c’è nessuna differenza, al vederli, non c’è nessun frutto da vedere, fisicamente… Qual è il frutto che fa la distinzione, che mostra di chi si tratta? Il frutto, dice Gesù, è la parola… C’è una parola che costruisce, edifica, consola, accoglie… (porre un telo chiaro intorno a uno dei due) e la parola che distrugge, ferisce, calunnia, denigra, abbatte… (porre un telo scuro intorno all’altro).

RISPECCHIAMENTO:

Ancora una volta pensiamo a noi stessi, alla nostra vita… Quale “clima” creiamo intorno a noi,  con le nostre parole? Di accoglienza, di amicizia, o di rifiuto e di giudizio?



Conclusione

Il brano di oggi ci pone davanti queste tre scene, che, dicevamo all’inizio, ci mostrano il modo di agire cristiano ispirato al comandamento dell’amore universale, che abbiamo simbolizzato qui, al centro…

Perché se tu ami veramente l’altro… cerchi per lui il meglio, e ti lasci ispirare dalla luce di Dio… (prima scena)

… se ami veramente l’altro, non guardi di lui solo i difetti, ma sei capace di guardarlo con gli occhi di Dio… (seconda scena)

… Se ami veramente l’altro, lo circondi di accoglienza e di benevolenza, di “bene” “dizione” ossia dici bene di lui, non lo calunni o denigri…

E qui un ultimo rispecchiamento:

In quale di queste tre situazioni devo crescere di più?

 

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