Due maestri a confronto (Mc 12,38-44) (XXXII Dom. T.O.)

Mc 12,38-44 (Forma breve Mc 12,41-44):

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».

Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.

Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».



Introduzione

La liturgia continua a proporci il vangelo di Marco; siamo negli ultimi giorni della vita di Gesù, e sappiamo che si trova  a Gerusalemme, dove vive un forte contrasto con le autorità. Questo è chiaro da tutti i Vangeli. Per Marco questa controversia sembra mitigata dalla presenza del dottore della legge che, pochi versetti prima, si è posto in ascolto di Gesù e ha riconosciuto in lui la Verità, vivendo un bellissimo scambio in relazione al comandamento più grande.

Ma anche se Marco racconta questo incontro positivo tra Gesù e un dottore della legge, in realtà la critica di Gesù a questa categoria è molto chiara ed è uno dei punti del suo insegnamento, non solo ai discepoli ma anche alla folla.

La liturgia unisce a questa critica un fatto che accade sempre nel contesto del tempio: egli, seduto, osserva le persone che mettono i soldi, come elemosina, nel Tesoro del Tempio. E prende l’esempio di una povera vedova per dare un insegnamento, questa volta indirizzato soprattutto ai suoi discepoli.

Vorremmo approfondire questo testo che la liturgia ci propone nella sua unità, confrontando l’esempio dei dottori della legge con l’esempio della vedova.

1. Schematizzazione simbolica: “i dottori della legge” e “la vedova”

Possiamo quindi schematizzare questo parallelo, questo confronto tra i dottori della legge e la vedova. In effetti, Gesù sembra paragonare due tipi di “maestri”: i dottori della legge, teologi e giuristi importanti, e una povera donna, sola. Gesù fa di questa donna una “maestra” della vita.

Metto, rappresentando i dottori della legge, questi tre teli: dorato, argentogiallo. Colori che ricordano il potere, ma anche la luce che sono chiamati a dare, avendo sapienza e saggezza in quanto conoscitori della legge.

Dall’altro lato, metto questo telo marrone, che rappresenta questa vedova che vive nella sua povertà. Il marrone indica la terra, il concreto della vita con le sue difficoltà.

E pongo una linea in mezzo a loro (telo grigio), per simbolizzare che c’è un abisso tra i due gruppi, una separazione.

Osservando questa schematizzazione, ci rendiamo presto conto che il lato di coloro che agiscono male è formato da più persone, mentre la vedova è sola. Una prima deduzione da questa scena simbolizzata è che è più facile trovare persone che agiscono in modo sbagliato che trovare persone che agiscono bene. E questo anche perché da un lato parliamo di “una categoria”, l’altra di un “individuo”. E il rischio è che nel “gruppo” ognuno segua ciò che fanno gli altri, invece di fare una scelta personale.

RISPECCHIAMENTO:

Riguardo a questo primo aspetto, possiamo subito pensare alla nostra vita. Agiamo in base a una scelta personale o facciamo ciò che fanno gli altri? Potremmo applicare, ad esempio, questa domanda ad alcuni aspetti morali relativi ai grandi temi della vita: divorzio, aborto, uso della sessualità… a volte la giustificazione è “tutti si comportano così”, “tutti pensano così”. Sarà che mi manca il fare una scelta personale?


2. Contro l’uso improprio del ruolo

Guardatevi dagli scribi

Guardatevi è un invito a tener d’occhio, a essere consapevoli, perché queste persone potrebbero farti qualcosa di negativo…

Ma chi sono queste persone? Erano autorità al tempo, poiché conoscevano la legge e la spiegavano. Ma Gesù non critica tutti i dottori della legge, ma l’atteggiamento generale della categoria. Infatti, la frase continua con un pronome relativo “che”: indicando così quegli scribi che agiscono come descritto successivamente. Può essere un semplice dettaglio, ma ricordiamo che Gesù non va contro l’autorità in se stessa, ma contro il fatto che molti, in quella categoria, hanno approfittato del loro potere per agire in modo sbagliato. Potremmo quindi, in altre parole, parlare di “abuso di potere”.

RISPECCHIAMENTO:

Guardare alla categoria degli scribi in questo modo ci aiuta, ancora una volta, a tornare alla nostra vita. Anche noi apparteniamo a una categoria (sul lavoro, in famiglia …), e abbiamo un ruolo specifico, una “autorità”… Come usiamo di questa autorità? Entro il limite che viene chiesto o “abusiamo” del nostro potere?

3. L’atteggiamento degli scribi

Rappresentiamo, dalla parte dei dottori della legge, i loro atteggiamenti, che Gesù condanna, e sintetizziamoli con tre verbi:

a.   Apparire. Puntare sull’esteriorità piuttosto che sull’interiorità (telo di colore vivo  o lussuoso)

amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze,

La prima caratteristica è che gli scribi non vogliono passare senza essere apprezzati e valorizzati. Hanno bisogno di riconoscimento: essere visti, essere salutati, essere posti al centro dell’attenzione. Immaginiamo le piazze pubbliche, i momenti di incontro… loro devono sentirsi accolti in modo che tutti si rendano conto di essere presenti. È la “malattia dell’apparire”:  non è importante l’altro, né la sua presenza, né l’evento stesso… ma la mia presenza… In realtà, tuttavia, si tratta di apparenza: l’importante non è il tuo cuore, l’interiorità, ma l’esteriorità, quello che gli altri vedono…

Questo apparire è anche dal punto di vista religioso. Un po’ più avanti, Gesù sottolinea che

pregano a lungo per farsi vedere

Non importa loro che il loro cuore sia unito a Dio, ma che gli altri li vedano pregare … ancora una volta, l’esteriorità al posto luogo dell’interiorità e della verità della persona.

Rappresentiamo questa caratteristica con questo telo vivo e lussuoso che richiama questo aspetto, dell’esteriorità.

b.   Prevalere. Cercare i primi posti nella vita sociale (telo dorato): dominare piuttosto che servire

avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti..

La seconda caratteristica è prevalere: vogliono i primi posti. Ricordiamo che alcune settimane fa abbiamo trovato, anche all’interno del gruppo di discepoli, qualcuno (Giovanni e Giaciomo) che volevano i primi posti… E Gesù ha mostrato un altro modo di vivere la vita comunitaria.

Le autorità del tempo agiscono come tutte le autorità: vogliono il primato. Dominare, esercitare il potere. Abbiamo detto che questa era anche la cultura del tempo: essere un capo significava essere dominatori, tiranni… ma Gesù, ancora una volta, critica questo modo di agire. Questa critica esprime anche il suo desiderio di trasmettere, ancora una volta, alla moltitudine ma soprattutto ai suoi discepoli, che esiste un altro modo di vivere all’interno della società, dove la caratteristica che deve risaltare nell’autorità è quella del servizio.

Rappresentiamo questa caratteristica con questo tessuto dorato che ricorda la perfezione, il primato.

c.   Guadagnare. Cercare i beni con avidità: abuso di potere piuttosto che promuovere la giustizia (telo rosso scuro)

Divorano le case delle vedove

Ricordiamo che le vedove, nel contesto biblico veterotestamentario, sono poste nella categoria dei più poveri, a cui la legge pone particolare attenzione: stranieri, orfani e vedove. Questi tre tipi di persone sono considerati i più poveri perché sono quelli che non hanno parenti che li sostengono e li aiutano. La legge protegge queste persone in un modo particolare.

Matteo sottolinea, per quanto riguarda i Dottori della Legge, in questo stesso contesto di Marco, che aggiungono molti precetti nell’interpretare la legge, rendendo impossibile il viverla. Certamente, sono anche riusciti a interpretare le leggi sui poveri godendone a proprio favore…

Rappresentiamo questa caratteristica con questo telo rosso scuro che ricorda il colore del sangue e quindi dell’ingiustizia e dell’oppressione.

 



Riassumendo, possiamo sottolineare che la malattia dei dottori ha un nome: narcisismo. Mettere se stesso prima di tutto…

Ma qual è il giudizio di Gesù su tutto questo?

Essi riceveranno una condanna più severa

Il narcisismo, cioè il culto di sé, mettendo se stessi al centro, conduce alla peggiore condanna. Perché? Perché il narcisismo porta via le relazioni. La relazione con se stesso, perché al centro non c’è il mistero personale ma l’apparenza… La relazione con Dio, perché, invece di averlo come riferimento, è il sé a diventare legislatore e centro di tutto… La relazione con l’altro, perché l’altro è visto come qualcuno da sfruttare per il proprio interesse… E’ disatteso Il grande comandamento, quello che Gesù ha sottolineato qualche versetto prima, nel dialogo con un Dottore della legge del cuore aperto: ama Dio e ama il prossimo come te stesso.

RISPECCHIAMENTO:

Queste sono tre caratteristiche molto negative che nessuno di noi vorebbe riconoscere nella propria vita… ma sarà così? Sarà che queste forme negative di vivere il potere ci toccano? Che anche noi ci mettiamo prima di chiunque altro, vivendo il narcisismo e l’egoismo?

4. Gli atteggiamenti della vedova

Passiamo ad approfondire la seconda parte del vangelo di oggi, che accade anche nel tempio, ma non più nel momento in cui Gesù insegna: lui si ferma, seduto, ad osservare cosa succede intorno alla cassetta delle offerte.

Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete.

È interessante che Marco non ci dice che Gesù osservava quanto le persone depositavano, ma come. Il suo sguardo non va all’esterno, ma dentro. Alle motivazioni interiori che ciascuno esprimeva in quel contesto dove tutti dovevano passare.

Vede molti ricchi. Ma non sottolinea il loro gesto, se non in confronto al gesto della povera vedova.

Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro

Rappresentiamo, da parte della vedova, i suoi atteggiamenti, che Gesù sottolinea e pone come modello per i suoi discepoli. Sintetizziamo anche questo in tre verbi, che sono in antagonismo con i tre che abbiamo appena visto, che traspaiono dalla descrizione del Vangelo:

«In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».



a.   Essere. Non la “quantità” ma il “come” (telo rosso vivo).

Alla vedova non importa la quantità: è molto poco quello che ha! Ma lei offre il suo tutto: dimostra così quello che è: una creatura di Dio, una figlia di Dio. Sa che Dio provvederà alle sue necessità; per questo non si importa di dare tutto quello che ha. Ella sa che importa di più l’essere che l’avere…

In contrasto con l’atteggiamento di apparire, quindi, lei sottolinea l’essere. Non è importante la quantità ma è importante la fedeltà e l’impegno verso Dio. Non è importante l’esteriorità, essere ammirato per la ricchezza che si ha… ma è importante l’interiorità, il come, le motivazioni delle proprie azioni.

Rappresentiamo questa caratteristica con questo telo rosso vivo, che vuole rappresentare il cuore, l’interiorità, il centro della persona.

b. Scendere (telo verde)

Rispetto l’atteggiamento di cercare i primi posti, per essere il primo, la vedova mostra l’atteggiamento opposto: quello di scendere. Lei scende dai propri sogni, dai suoi progetti, dalla tentazione di bastare a se stessa… che potrebbe manifestarsi custodendo con attenzione il poco che aveva per cercare di moltiplicarlo… Consegnandolo, invece, lei si consegna completamente a Dio, abbraccia i Suoi piani e progetti. Lo scendere  si vede nell’atteggiamento di fiducia: coloro che cercano i primi posti sono serviti per primi, sono certi che nulla mancherà loro, e che potranno approfittare di tutto… la vedova, invece, si trova all’ultimo posto: nel luogo del mendicante, il luogo di Lazaro che aspetta le briciole dalla tavola ricca, è il luogo della speranza e della fiducia.

Rappresentiamo questa caratteristica con il telo verde, che ricorda l’atteggiamento di attesa e di speranza.

c. Donare (telo rosa)

In ogni caso, l’atteggiamento della vedova si oppone l’atteggiamento di medici che vogliono guadagnare tutto, pensando di arricchire se stessi. Simbolo della vedova è una mano aperta che dà, non un pugno che afferra. I ricchi donano, ma per vincere: stima, prestigio, gloria, ammirazione… La vedova dona solo per donare, sapendo che è così poco che dona che, anzi, potrebbe anche essere rimproverata per questo, per dare poco. Ma lei dona perché sa il valore prezioso delle due monete. Per lei significano vita. Quindi, hanno un valore immenso.

I dottori avevano già tutto… ma si appropriano delle proprietà delle vedove. Questa vedova non ha nulla… ma è in grado di dare tutto quello che ha. Il modo di pensare è totalmente diverso.

Rappresentiamo questa caratteristica con il telo rosa, che  ricorda la madre, la donna che si dona ai figli, gratuitamente, senza nulla in cambio… è dare gratuitamente, senza aspettarsi di ritorno.

RISPECCHIAMENTO:

Mettiamo in relazione questi tre atteggiamenti anche alla nostra vita, tre atteggiamenti che misurano, insieme, la nostra fede e la nostra fiducia. Staccarsi dalle cose, specialmente da quelle che ci danno sicurezza, significa mettersi sotto gli occhi di Dio come Padre, considerato come colui che ci darà tutto il necessario, nel suo amore. Ma che chiede molta fede. Come vivo questo aspetto nella mia vita, in relazione alle cose di cui ho bisogno, alle mie necessità? Riesco a dare anche il necessario, o mia condivisione con Dio e con gli altri è limitata al solo superfluo?



Conclusione

Guardiamo, infine, alla scena che abbiamo rappresentato. Questo è ciò che la liturgia di oggi ci propone, unendo due brani che non sono in se stessi correlati. Guardando solo al brano dell’offerta della vedova, il narratore invita a confrontare il gesto della povera vedova con i gesti dei ricchi, che danno del loro superfluo. Potendo leggere, invece, questo racconto con il brano della critica di Gesù contro i dottori della Legge, possiamo trovare altre importanti caratteristiche, mettendo a confronto le due categorie.

Prima di tutto, il fatto che per Gesù la vedova diventa il vero “maestro”, che può insegnare non “mostrando” con il proprio sapere, ma semplicemente con la propria vita. E questi sono oggi i maestri che l’umanità cerca…

In secondo luogo, il confronto con i dottori della legge ci aiuta a trovare caratteristiche molto più profonde, che mettono in  gioco il vero senso religioso e della vita. Gli scribi hanno il compito, spiegando la legge, di contribuire a portare l’umanità a Dio… Ma in realtà, i loro atteggiamenti, piuttosto che avvicinare, alllontanano… la vedova, invece, con il suo atteggiamento, “mostra” Dio: come Padre, come Provvidenza, come Amore.

La conclusione di tutto ciò ci permette un ultimo

RISPECCHIAMENTO: Con la nostra vita e le nostre attitudini, aiutiamo gli altri ad avvicinarsi a Dio, mostriamo il volto di Dio, o contribuiamo a creare una barriera tra Dio e l’umanità ?





Commento di p. Ermes Ronchi

Gli spiccioli della vedova e il tesoro in Cielo

Il Vangelo mette a confronto due magisteri: quello degli scribi, teologi e giuristi importanti, e quello di una vedova povera e sola; ci porta alla scuola di una donna senza più difese e la fa maestra di vita.

Gli scribi sono identificati per tre comportamenti: per come appaiono (passeggiano in lunghe vesti) per la ricerca dei primi posti nella vita sociale, per l’avidità con cui acquisiscono beni: divorano le case delle vedove, insaziabili e spietati. Tre azioni descritte con i verbi che Gesù rifiuta: apparire, salire e comandare, avere. Sintomi di una malattia devastante, inguaribile, quella del narcisismo. Sono di fatto gli inconvertibili: Narciso è più lontano da Dio di Caino.

Gesù contrappone un Vangelo di verbi alternativi: essere, discendere, servire e donare. Lo fa portandoci in un luogo che è quanto di più estraneo al suo messaggio si possa immaginare: in faccia al tesoro del tempio; e lì, seduto come un maestro, osserva come la gente getta denaro nel tesoro: “come” non “quanto”. Le bilance di Dio non sono quantitative, ma qualitative.

I ricchi gettavano molte monete, Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine. Due spiccioli, un niente, ma pieno di cuore. Gesù se n’è accorto, unico; chiama a sé i discepoli, li convoca, erano con la testa altrove, e offre la sua lettura spiazzante e liberante: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri.

Gesù non bada alla quantità di denaro. Anzi afferma che l’evidenza della quantità è solo illusione. Conta quanto peso di vita c’è dentro, quanto cuore, quanto di lacrime, di speranza, di fede è dentro due spiccioli.

L’uomo per star bene deve dare. È la legge della vita, siamo progettati così. Questa capacità di dare, e dare come un povero non come un ricco, ha in sé qualcosa di divino! Tutto ciò che è fatto con tutto il cuore ci avvicina all’assoluto di Dio.

Il verbo salvifico che Gesù propone in contrapposizione al “divorare” degli scribi, è “gettare”, ripetuto sette volte nel brano, un dare generoso e senza ritorno.

Lo sa bene la vedova, l’emblema della mancanza. La sua mano getta, dona con gesto largo, sicuro, generoso, convinto, anche se ciò che ha da donare è pochissimo. Ma non è la quantità che conta, conta sempre il cuore, conta l’investimento di vita. La fede della vedova è viva e la fa vivere. Non le dà privilegi né le riempie la borsa, ma le allarga il cuore e le dà la gioia di sentirsi figlia di Dio, così sicura dell’amore del Padre da donare tutto il poco che ha.

Questa donna, che convive col vuoto e ne conosce l’angoscia, è fiduciosa come gli uccelli del cielo, come i gigli del campo. E il Vangelo torna a trasmettere il suo respiro di liberazione.

 

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